Il Cristo della Rumelgia di Giambattista Rolfi


Il suo nome scientifico è Celtis australis L., della famiglia delle Ulmaceae: è un albero originario dell'area del Mediterraneo e dell'Asia Minore; cresce spontaneo in tutte le regioni d'Italia sino a 700 metri d'altitudine. Il nome comune è Bagolaro : in Franciacorta, invece, è un albero che chiamiamo romiglia o meglio, in dialetto, romélgia (ma anche rumelgia), Analizzando anche superficialmente il tronco (negli esemplari robusti è liscio e grigiastro) è facile notare come la corteccia tenda a fessurarsi, in modo particolare negli esemplari più longevi.
Un tempo Bornato aveva "rumelgie" ad ogni angolo poichè i suoi frutti (originariamente una drupa verdastra che diventa poi bruna-nerastra a maturazione) spesso portati dal vento, altre volte dagli uccelli, precipitando al suolo, davano facilmente luogo a nuovi arbusti, non a caso, in alcune zone, la romiglia è chiamata anche spaccasassi.
A Bornato, però, quando si parla di rumelgia, s'intende sempre e soltanto l'esemplare posto all'incrocio fra via San Bartolomeo e via Antica Pieve poichè, sin dal 1977, all'interno del suo tronco è stato posto un busto ligneo raffigurante il Cristo. Dal giorno della posa, con cadenza annuale, la gente della frazione di Villa festeggia, un sabato del mese di giugno, il "Cristo della Rumelgia". Sono ormai trascorsi trent'anni da quel giorno: pochi però sanno come andarono le cose. Tutto ebbe inizio, naturalmente, in un'osteria.

Perchè naturalmente? Perchè sino a poche decenni fa l'osteria era il centro del mondo. Infatti, nei secoli andati, l'osteria, unico punto laico d'aggregazione sociale, non era soltanto un posto dove si degustavano i vini ma un luogo in cui l'oste era il più delle volte anche panettiere, talvolta macellaio. Un crocevia di varia umanità. Vale la pena gettare uno sguardo dal punto di vista storico.
Dal libro dei morti del 1691 apprendiamo che l'oste di Bornato era Claudio Inselvini; in questo caso l'osteria fungeva anche da locanda.
Dall'estimo mercantile del 1750 scopriamo che, in quegli anni, l'osteria era di proprietà comunale e la gestione era affidata ad Andrea Gibbi il quale, non solo fungeva da oste, ma era anche prestinaio (panettiere) e beccaro (macellaio).
Talvolta l'oste fungeva da testimonio: è il caso riportato nell'atto di compraverndita redatto il 31 luglio 1813, nel quale Faustino Inselvini (da trent'anni conduttore del terreno) acquistava una "pezza di terra aradora con boschetto a sera più ripa, poste in tener di Bornato, in contrada del Barco, denominata Il Bochini", di proprietà della parrocchia.
Dunque l'osteria era, sino a pochi decennni fa, un centro quotidiano d'aggregazione sociale, o meglio, un'accozzaglia di vite vissute, dove talvolta la realtà superava la fantasia. Così fu anche nel nostro caso.
La nostra storia ebbe inizio, naturalmente, in un 'osteria: precisamente in quella "da Pinot", l'attuale "Bar da Clelia", gestito da Clelia Bergoli, in via San Bartolomeo, a pochi passi dalla rumelgia in questione.
E fu tutta colpa dei miniassegni.
Nel 1975, per fronteggiare una straordinaria mancanza di spiccioli, molte banche ovviarono all'inconveniente emettendo un particolare tipo di denaro che è passato alla storia con il termine di miniassegni. Furono chiamati miniassegni perchè più piccoli dei normali sia nel formato sia, soprattutto, nel prezzo: infatti, il loro valore nominale spaziava dalle 50 sino ad un massimo di 350 lire. Ne corcolarono quasi 800 tipi diversi per un importo complessivo stimato intorno a 200 miliardi. Si parlò ovviamente di mosse speculative: certamente per le banche fu l'ennesio affare poichè, stando alla pessima qualità della carta, molti miniassegni, irrimediabilmente rovinati, furono distrutti rendendo impossibile, per l'utente, richiederne la conversione in moneta metallica.
Le emissioni di miniassegni terminarono nel 1978 quando il Poligrafico dello Stato fu in grado di sopperire alla mancanza degli spiccioli.
L'avvento dei miniassegni non fu sempre ben accolta e questo ci riporta sul finire del '76 quando due avventori del bari di Clelia, Pinelli Pierino e Mometti Ettore (detto Nunì), infastiditi da questi pezzi di carta, spesso molto rovinati, li accettarono come resto ma, anzichè intascarli, li appiccicarono sulla fiancata della macchina del caffè del bar finchè, coperta l'intera superficie, ci si pose l'interrogativo: "E adesso? Come li spendiamo?" I nostri due protagonisti, ritrovatisi a sorseggiare, come sempre, il solito bicchiere, erano dubbiosi sul da farsi: una sera (il periodo era quello natalizio) era presente anche Giovanno Castellini, appassionato d'arte e durante la conversazione, Clelia, che non aveva perso una battuta dei tre uomini, si ricordò che in quei giorni era apparsa, su di una rivista, una bella fotografia: nella nota si rendeva noto come lo scultore Emilio Lorandi avesse intagliato, nel tronco di un albero, l'immagine del Papa Buono. Mometti Giovanni, un altro avventore presente al colloquio, conosceva l'artista. La decisione fu immediata, unanime e quasi scontata: contattare immediatamente lo scultore in modo che anche Bornato avrebbe avuto la sua scultura considerando che c'era, fra via San Bartolomeo e via Pieve vecchia, la materia prima, vale a dire esisteva, da quasi trecento anni, la rumelgia!
Lo scultore Emilio Lorandi fu interpellato da Mometti: purtroppo a causa d'impegni precedentemente assunti, l'artista fu costretto a declinare l'invito, non senza indirizzare i bornatesi verso un parente, in quel periodo meno impegnato ed in grado di risolvere il problema. Si chiamava Francesco Lorandi ed era molto conosciuto poichè, durante il secondo conflitto, insieme all'ex sindaco di brescia Bruno Boni, era stato incarcerato come partigiano; nel '77 impartiva lezioni di disegno e di plastico  all'A.A.B., dopo aver insegnato l'arte di scolpire il legno nella sua bottega.
L'artista si mise subito all'opera ed il 23 aprile 1977, alle ore 20.30, dopo la messa concelebrata dai sacerdoti di Bornato, fu inaugurato il "Cristo della Rumelgia". La festa proseguì anche la domenica pomeriggio, come riportato nell'articolo apparso sul Giornale di Brescia del 22 aprile 1977.
Purtroppo lo scultore non ebbe il piacere di partecipare all'inaugurazione del suo Cristo poichè, gravemente malato, morirà pochi giorni dopo agli Spedali Civili, precisamente il 27 aprile, per emorragia cerebrale.
Un ventennio più tardi, però, la scultura fu tolta ed al suo posto fu collocato un secondo Cristo.
Le ingurie del tempo non sono state benevole con l'opera di Francesco Lorandi. Purtroppo una grave malattia del legno ha deteriorato, irrimediabilmente, il Cristo originario. Senza perdersi d'animo "Gli amici del Cristo della Romiglia", gruppo costituitosi spontaneamente all'indomani della prima festa, si rivolse ad un nuovo artista. La scelta cadde sullo scultore Luigi Bormetti, di Ponte di Legno, che accettò l'impegno: nel 2001 fu collocato il nuovo Cristo.
Nei mesi successivi, grazie all'impegno degli Amici del Cristo ed alla Pro Loco di Cazzago San Martino, fu nuovamente organizzata la festa e sabato 2 giugno 2001, dopo la Santa Messa concelebrata dal parroco Don Giuseppe Toninelli e dal missionario bornatese Padre Gianni Mometti, la nuova opera lignea fu benedetta ed inaugurata ufficialmente. Padrino d'onore il sindaco Dott. Marco Passega. Da quel momento, con cadenza annuale, a giugno, si festeggia il Cristo della Rumelgia.
Sono trascorsi ormai trent'anni da quel lontano 1977: ci pareva doveroso riportarne il ricordo.

Bornato, giugno 2007